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Il terapeuta psicodinamico aiuta il paziente ad esplorare quegli aspetti del Sé che non sono pienamente conosciuti o decifrati. Il suo lavoro mira, pertanto, a trasformare in parole stati d’animo, sentimenti,  vissuti,  aspetti contraddittori,  meccanismi di difesa, dimensioni problematiche che il paziente non è capace di riconoscere o interpretare i quali creano situazioni di stallo, conflitti, sintomi, strategie di evitamento.

 

Lo psicoterapeuta psicodinamico lavora, inoltre, per identificare ed esplorare i temi ricorrenti e i patterns delle modalità di pensiero, delle dimensioni affettive, dell'immagine di sé, delle modalità relazionali e della storia di vita del paziente.

 

L'attenzione si pone, inoltre, sulle esperienze passate, con particolare riferimento alle esperienze infantili e alle vicissitudini legate alle figure di attaccamento che esercitano un’influenza sulle esperienze del presente. Il discorso non viene centrato sul passato in quanto tale, ma piuttosto sulle vie attraverso le quali il passato tende a vivere nel presente e quindi sul modo in cui il passato può ostacolare la realizzazione autentica del presente.

La psicoterapia psicoanalitica dà molta importanza al mondo relazionale del paziente (in particolare alle prime esperienze relazionali con le figure di attaccamento). Sia gli aspetti adattativi sia quelli non-adattativi della personalità sono forgiati dalle relazioni d’attaccamento, e le difficoltà psicologiche spesso compaiono quando dei patterns problematici interferiscono con la capacità della persona di sintonizzarsi con i bisogni emotivi.

 

La relazione tra terapeuta e paziente diventa, così, una relazione profondamente significativa ed emotivamente trasformativa: si ripropongono i temi ripetitivi, le modalità interattive e le questioni soggettive del paziente. Ciò permette la rielaborazione di patterns relazionali profondamente radicati, di raggiungere una maggiore flessibilità nelle relazioni intersoggettive e una maggiore sintonizzazione con i bisogni relazionali della persona alimentati da antichi bisogni e vissuti dolorosi.

 

Il fine del lavoro analitico è quello di accrescere nella persona la capacità di vivere e incontrare gli altri su un piano autenticamente personale, senza manipolazioni o illusioni; imparare a provare il piacere di essere se stessi e di sentirsi bene con se stessi e il piacere di amare gli altri per quello che sono; poter costruire rapporti razionali ed emotivamente intensi.

Si va oltre la remissione dei sintomi per far emergere la presenza positiva di capacità e risorse psicologiche. Tale possibilità include la capacità di realizzare il proprio progetto di vita secondo le proprie reali potenzialità e desideri, di mantenere un senso realistico della propria autostima, di raggiungere una maggiore soddisfazione nell’intimità relazionale e nella sessualità, di comprendere se stessi e gli altri nelle sfumature e in modo più sofisticato, e di fronteggiare i cambiamenti della vita con maggiore maturità, libertà e flessibilità.

 

 

 

 

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